Questa nuova uscita di Agenzia Alcatraz nella pregevole collana Bizarre è incentrata su un classico del fantastico della letteratura francese: Il signore dei lupi (1858) di Alexandre Dumas, maestro del romanzo storico e di quello d'appendice o cosiddetto feuilleton.

Fra i maggiori esponenti di questo genere, oltre ad Alexandre Dumas, c’erano Eugène Sue, Honoré de Balzac e anche Téophile Gautier.

Va ricordato come la corrente naturalista che si sviluppa in Francia nella seconda metà dell’Ottocento la fa da padrona e questo, come sostenuto anche da H.P. Lovecraft, costituisce un limite per il fantastico francofono.

Nel saggio L’orrore soprannaturale in letteratura, lo scrittore di Providence scrive infatti che:

di fatto, il genio francese è per natura più incline a questo cupo realismo piuttosto che alle suggestioni dell’invisibile; perché queste ultime richiedono, per il migliore e coinvolgente sviluppo su vasta scala, l’innato misticismo dello spirito nordico.

In realtà, anche grazie all’influenza di E.T.A. Hoffmann e di Edgar Allan Poe, la letteratura fantastica francese avrà un forte impulso che finirà per rendere molto articolata la produzione di questa scuola.

Questo romanzo di Dumas è stato per anni considerato un titolo minore della sua produzione ma si inserisce a pieno titolo nel solco del fantastico francese folkloristico e probabilmente ha influenzato, come scrive Max Baroni nell’introduzione, anche la particolare vena folkloristica e popolare di Claude Seignolle.

Siamo di fronte ad un romanzo autobiografico in cui Dumas rivela alcuni dettagli della sua giovinezza.

La vicenda è ambientata a Villers-Cotterêts, luogo in cui lo scrittore è nato. Dumas racconta di come sia venuto a conoscenza degli elementi che sta per narrare.

L’ambientazione della campagna francese è molto dettagliata e realistica e indubbiamente l'autore francese si rivela un maestro nel descrivere i luoghi della sua giovinezza. E sono in molti a pensare come le migliori storie dell’orrore debbano poggiare su un solido impianto realistico per essere più efficaci.

Lo stile è serrato e pieno di colpi di scena. Occorre ricordare come questi romanzi fossero pubblicati a puntate sui giornali,  motivo per cui bisognava mantenere un senso della suspense ai limiti della perfezione.

La vicenda narra dello zoccolaio Thibault, un personaggio umile che vive in una capanna nei boschi presso Villers-Cotterêts. Un giorno del 1780 un grosso lupo, per sfuggire ai guardiacaccia del signore di Vez, cerca rifugio nella sua abitazione facendo con lui un patto: ogni volta che l’artigiano augurerà delle sventure a persone che ostacolano i suoi desideri, il lupo farà in modo di accontentarlo. In cambio ottiene che, a ogni richiesta esaudita, un suo capello diventi rosso come le fiamme infernali.

Credo che l’aspetto più interessante di questo romanzo sia proprio la trasformazione di Thibault: Dumas, da grande conoscitore dell’animo umano, riesce a descrivere il suo personaggio in maniera molto approfondita.

In fondo l’artigiano non è una cattiva persona ma nasconde al suo interno, come molti, una natura gretta e meschina. E sarà proprio questo a portarlo alla rovina, rendendolo più lupo che uomo.

Il signore dei lupi si legge tutto d’un fiato e bisogna dar merito all’editore che presenta, per la prima volta in Italia, la traduzione integrale di questo romanzo.