È disponibile l’antologia  Il libro degli orrori (A Books of Horrors, 2011), curata da Stephen Jones ed edita da Independent Legions, opera finalista al World Fantasy Award e al British Fantasy Award e tradotta in Italiano per la prima volta.

Dall’introduzione di Stephen Jones:

Ma che diavolo è successo al genere horror?

Dove sono finiti i mostri minacciosi, i vampiri violenti, i licantropi letali, gli spettri spaventosi e le mummie macabre?

Di questi tempi, è più facile ritrovarsi con succhiasangue che mostrano il loro lato sentimentale, mentre i lupi mannari lavorano sotto copertura per il governo, gli spettri fanno gli investigatori privati, e i morti viventi sorseggiano il tè insieme alla società bene di un romanzo di Jane Austen. Non sono queste le figure iconiche della paura e della meraviglia con cui siamo cresciuti. Non sono queste le Creature della Notte che hanno messo paura a tante generazioni nel corso dei secoli, costringendo innumerevoli bambini a cercare rifugio sotto le coperte, mentre leggevano libri e fumetti alla luce di una torcia. Oggi, viviamo nel mondo dell’horror-lite. Questa tremenda denominazione è stata coniata dagli editori per descrivere il tipo di narrativa che attualmente gode di enorme successo nei suoi sottogeneri, come il paranormal romance, l’urban fantasy, il mash-up letterario, e lo steampunk.

Anche se non si può negare che esiste un pubblico per queste opere, per lo più non si tratta di libri rivolti ai lettori di storie dell’orrore tradizionali. Il pubblico di questi sottogeneri non è interessato a farsi spaventare deliziosamente da ciò che legge, o a non riuscire a togliersi dalla testa un racconto particolarmente inquietante anche molto dopo aver chiuso il libro. E questo non sarebbe un problema, se gli editori e i rivenditori non stessero usurpando il mercato horror tradizionale con una valanga di volumi usa-e-getta destinati al lettore “moderato.”

Be’, è giunto il momento di riappropriarsi del genere horror, per coloro che comprendono e apprezzano il valore e l’impatto di una storia che fa paura.” (…)

Con Il libro degli orrori, speriamo di essere stati all’altezza del titolo, e di tutto ciò che implica.

Di seguito una piccola anticipazione dei contenuti del volume.

L'incipit del racconto Il Piccolo Dio Verde dell'Agonia (The Little Green God of Agony, 2011) di Stephen King

(traduzione di Daniele Bonfanti)

«Ho avuto un incidente», disse Newsome.

Katherine McDonald, seduta accanto al letto ad attaccare uno dei quattro TENS alla sua coscia macilenta, appena sotto i pantaloncini da pallacanestro che ormai indossava sempre, non alzò lo sguardo. Il suo viso restò cautamente assente. Era un arredo umano in quella grande casa – nella grande camera da letto in cui ormai trascorreva il grosso della sua vita lavorativa – e preferiva che le cose restassero così. Attirare l’attenzione del signor Newsome di solito non era una buona idea, come sapevano tutti i suoi dipendenti. Ma i suoi pensieri continuarono comunque a scorrere. Adesso gli dirai che in realtà l’incidente è successo per causa tua. Perché pensi che assumertene la responsabilità possa farti sembrare un eroe.

«In realtà», disse Newsome, «l’incidente è successo per colpa mia. Non così stretto, per favore, Kat».

Lei avrebbe potuto fargli notare, come aveva fatto in principio, che i TENS perdevano efficacia se non erano ben stretti ai nervi straziati che dovevano placare, ma era una che imparava in fretta. Allentò un po’ la chiusura a velcro, pensando: Il pilota ti aveva detto che c’erano temporali nella zona di Omaha.

«Il pilota mi aveva detto che c’erano temporali in quella zona», continuò Newsome. I due uomini ascoltavano attentamente. Ovviamente, Jensen aveva già sentito quella storia, ma se a parlarti è il sesto uomo più ricco non solo d’America, ma di tutto il mondo, ascolti sempre attentamente. Tre degli altri cinque mega-ricconi erano tipi dalla pelle scura che indossavano tuniche e se ne andavano in giro a bordo di Mercedes blindate.

Kat pensò: Ma io gli avevo detto che la mia presenza a quella riunione era essenziale.

«Ma io gli avevo detto che la mia presenza a quella riunione era essenziale», andò avanti Newsome.

A incuriosirla era l’uomo che sedeva accanto all’assistente personale di Newsome – una specie di interesse antropologico. Si chiamava Rideout. Era alto e molto magro, sui sessanta, e indossava semplici pantaloni grigi e una camicia bianca abbottonata fino al collo scheletrico, arrossato da una rasatura eccessiva. Kat immaginò che avesse voluto sbarbarsi a dovere prima di incontrare il sesto uomo più ricco del mondo. Sotto la sua sedia, c’era l’unico oggetto che aveva portato con sé a quell’incontro: un lungo portapranzo nero, con un coperchio curvo fatto per contenere un thermos. Un portapranzo da operai, anche se lui sosteneva di essere un prete. Fino a quel momento, Rideout non aveva detto una parola, ma a Kat non servivano le orecchie per sapere cos’era. Quell’uomo emanava un forte puzzo di ciarlatano. In quindici anni di lavoro come infermiera specializzata in terapia del dolore, ne aveva incontrati fin troppi. Quantomeno, questo qui non aveva addosso cristalli vari. (…)

L'incipit del racconto Risposta Sbagliata (Getting It Wrong, 2011) di Ramsey Campbell

(traduzione di Nicola Lombardi)

Edgeworth stava ascoltando una reminiscenza della corsa in autobus nel Lucky Jim di Hitchcock quando squillò il telefono. Spense l’edizione speciale deluxe da collezione pubblicata per l’anniversario di Complotto di famiglia e sollevò in verticale lo schienale della poltrona. Mentre afferrava il ricevitore, vide che le lancette del suo orologio sussultavano sempre più vicine alla mezzanotte. «Pronto?», disse, e meno di un secondo dopo: «Pronto?»

«Il signor Edgeworth?»

Non riconobbe la voce femminile; non che conoscesse donne che, a quanto immaginava, avrebbero potuto telefonargli. «Proprio io», rispose.

«Il signor Eric Edgeworth?»

«Ci ha azzeccato di nuovo.»

«Ha qualche minuto, signor Edgeworth?»

«Non voglio che qualcuno mi aggiusti il computer. Non ho avuto incidenti sul lavoro né da nessun’altra parte. Non compro nulla e non ho intenzione di dirle dove faccio acquisti o cosa prendo. Le mie idee politiche sono affar mio, e lo stesso vale per tutte le altre mie opinioni. Non ho mai vinto un concorso, quindi non si affanni a dirmi che è successo ora. Non vado in vacanza all’estero, perciò non cerchi di vendermi qualcosa laggiù. Non vado in giro neanche qui, per quanto la cosa non la riguardi. Vuol sapere altro?»

«Non è per questo che la chiamiamo, signor Edgeworth». Con lo stesso tono energico ed efficiente la donna aggiunse: «È per caso un amico di Mary Barton?».

Di primo acchito, non riuscì a inquadrare il nome, poi gli sovvenne un’immagine dal suo ambiente lavorativo: una donna che riempiva di popcorn vaschette di cartone continuando a esibire un sorriso costruito per apparire brillante, ma che era invece più sintomatico di eroismo. «Non mi spingerei così in là», disse, anche se ora la telefonata aveva attirato il suo interesse: poteva trattarsi della polizia. «È nei guai?»

«È su Inquisition». Avrebbe potuto significare un sì, finché quella non aggiunse: «Vorrebbe che lei fosse il suo amico esperto.»

«Mai sentito». Avendo dedotto che si stava parlando di un quiz televisivo, Edgeworth chiese: «Perché io?»

«Dice che non ha mai incontrato nessuno che ne sappia quanto lei di cinema.»

«Non credo che abbia detto questo». In ogni caso, si stava facendo sospettoso. Che fosse uno scherzo organizzato dai suoi colleghi? «E quando avrebbe bisogno di me?», domandò.

«Subito, se lei è d’accordo.»

«Piuttosto tardi per un quiz, no?»

«Non è uno spettacolo per bambini, signor Edgeworth.»

«Non avreste dovuto chiedermelo prima?»

«Lo stiamo facendo adesso».

Se fosse stato davvero tutto uno scherzo, glielo avrebbe ritorto contro. «Allora d’accordo, passatemela», disse, alzandosi e recuperando il contenitore della cena e la forchetta, entrambi in plastica, posati accanto alla poltrona.

«La preghiamo di rimanere in linea».

Mentre Edgeworth usava il gomito per accendere la luce nel cucinotto adiacente alla stanza principale dell’appartamento, un uomo gli parlò all’orecchio. «Eric? È bello averti con noi. Qui è Terry Rice di Inquisition».

Dal tono pareva compiaciuto e divertito, ed Edgeworth non ebbe alcun dubbio che stesse fingendo. Dalla pattumiera della cucina si sprigionò lo stagnante sentore della cena takeaway cinese della sera precedente, mentre spingeva giù il nuovo contenitore con energia sufficiente a scheggiarlo e a spezzare in due la forchetta.

«Mary spera che tu possa offrirle un vantaggio», disse l’uomo. «Conosci le regole?»

«Ricordamele.» (…)

L'incipit del racconto Figlia del Fuoco (Charcloth, Firesteel and Flint, 2011) di Caitlín R. Kiernan

(traduzione di Nicola Lombardi)

Lei non sa come, dove o perché tutto ha avuto inizio. Non sa nemmeno dire quando. Quei ricordi, per lei, sono perduti, così come lo è il suo stesso nome. Talvolta, nelle vuote ore fra un incendio e l’altro, inventa intrecci, elaborati o scarni, poco plausibili e del tutto bizzarri, per spiegare come una donna possa diventare madre degli inferni. Simili immaginarie consolazioni sono enumerabili in diverse decine di migliaia, e per la maggior parte vengono ben presto dimenticate. Si innalzano da lei come anneriti pezzetti di carta, brillando vivaci lungo i bordi, mantenute in sospensione sempre più in alto dalle correnti ascensionali dei suoi singolari desideri. Vengono trascinate via, a depositarsi sopra tetti ignari e su macchie di fragile erba secca, a giacere ardenti nelle immense boscaglie di chaparral. In tal modo, assumono una notevole somiglianza coi desideri di tutte le persone sole. «Io sono figlia di Efesto e di una donna mortale», sussurra all’oscurità. Oppure: «Sono nata nella Valle di Hinnom, e sono una figlia della Gehenna. Il gravido cadavere di mia madre è stato abbandonato là, in mezzo ai rifiuti e ai morti, ma io sono sopravvissuta, seppure deturpata». O assicura a se stessa di esser stata solo violentata da un drago catalano, o di essere una salamandra liberata da un disattento alchimista arabo, e di avere da allora assunto forma umana, così da non poter essere mai più scoperta.

«Nel brillante crogiolo della fusione della Terra nascente», dice, «sono stata concepita, scintilla conscia e vagante generata da quel crescente disco protoplanetario. Ho nuotato nei mari di magma, sono affondata, poi ho dormito per lunghi eoni sotto la litosfera in raffreddamento, in attesa di nascere grazie a qualche vulcanica convulsione».

Naturalmente, lei non crede ad alcuno dei suoi racconti, nemmeno per un istante. Sono fantasie, niente di più. Ma senza, sarebbe perduta. E se così fosse, chi potrebbe far da testimone agli incendi?

In un tratto deserto dell’autostrada del Midwest, mezz’ora dopo la mezzanotte, in una calda notte estiva, un giovane la vede al bagliore dei fari. Non sta facendo l’autostop. Non sta nemmeno camminando, se ne sta semplicemente lì, in piedi, da sola, nella corsia di emergenza, fissando il cielo sconfinato punteggiato di stelle. Quando le si avvicina, lei abbassa lo sguardo, incontrando quello del ragazzo attraverso il parabrezza, e gli sorride. È un sorriso amichevole, disarmante, e lui le domanda se ha bisogno di un passaggio, e le dice che sta andando a Sioux City lungo la I-29, in caso lei vada da quella parte.

«Sei molto gentile», dice lei, pronunciando quelle parole con un accento che lui non ha mai sentito prima, per cui pensa che possa provenire da qualche parte dell’Europa. Lei apre la portiera del passeggero e gli scivola accanto. Il ragazzo pensa di non aver mai visto capelli neri come quelli, e che la sua pelle è pallida come latte. Lei ride e gli stringe la mano, e al bagliore del cruscotto i suoi occhi paiono di colore castano dorato, screziati da fili d’ambra. Più tardi, nella stanza di un motel alla periferia di Onawa, noterà che sono solo verde nocciola. (…)

Questa la lista completa dei racconti contenuti nella pubblicazione:

IL PICCOLO DIO VERDE DELL’AGONIA di Stephen King

FIGLIA DEL FUOCO di Caitlín R. Kiernan

FANTASMI CON I DENTI di Peter Crowther

LA FIGLIA DEL FABBRICANTE DI BARE di Angela Slatter

COLUI CHE CAMMINA NEI BOSCHI di Brian Hodge

DIMMI CHE TI RIVEDRÒ di Dennis Etchison

LA MUSICA DI BENGT KARLSSON, ASSASSINO di John A. Lindqvist

RISPOSTA SBAGLIATA di Ramsey Campbell

ALICE ATTRAVERSO IL FOGLIO DI PLASTICA di Robert Shearman

L’UOMO NEL FOSSO di Lisa Tuttle

UN GIOCO DA BAMBINI di Reggie Oliver

UNA TRISTE COSA OSCURA di Michael Marshall Smith

VICINO A ZENNOR di Elizabeth Hand

ULTIME PAROLE di Richard Christian Matheson.

Tutti i racconti presenti nell’antologia sono stati pubblicati come inediti nell’edizione inglese del libro, incluso il racconto di Stephen King, solo in seguito pubblicato nella raccolta Il bazar dei brutti sogni.

Il curatore: Stephen Jones vive a Londra, in Inghilterra. Candidato al Premio Hugo, ha vinto per tre volte il World Fantasy Award e l’International Horror Guild Award, cinque volte il Bram Stoker Award, ventuno volte il British Fantasy Awards e il Premio alla Carriera della Horror Writers Association.

È uno dei più acclamati scrittori ed editor della Gran Bretagna, ha al suo attivo più di 145 libri, tra i quali: The Art of Horror Movies: An Illustrated History; i libri sui film Coraline e Stardust di Neil Gaiman, The Illustrated Monster Movie Guide e The Hellraiser Chronicles; i saggi Horror: 100 Best Books e Horror: Another 100 Best Books (entrambi scritti con Kim Newman), le raccolte di racconti Necronomicon e Eldritch Tales di H. P. Lovecraft, The Complete Chronicles of Conan e Conan’s Brethren di Robert E. Howard, Curious Warnings: The Great Ghost Stories of M.R. James; oltre ad antologie come Horrorology: The Lexicon of Fear, Fearie Tales: Stories of the Grimm and Gruesome, A Book of Horrors, The Mammoth Book of Vampires, le serie The Lovecraft Squad e Zombie Apocalypse!, e ventinove volumi del Best New Horror.

Independent Legions ha in programma la pubblicazione in italiano di altre due antologie curate da Stephen Jones: Libri da Incubo (Nigtmare Stories) e Quintessenza Horror (The Very Best of Best New Horror).

Stephen Jones - Foto Copyright ©.Peter Coleborn
Stephen Jones - Foto Copyright ©.Peter Coleborn

IL LIBRO DEGLI ORRORI

a cura di Stephen Jones

Independent Legions Publishing

Pubblicazione: Ottobre 2018

Illustrazione di copertina: Wendy Saber Core

Traduzioni: Daniele Bonfanti, Nicola Lombardi, Francesca Noto, Chiara Beltrami

Revisioni e Proofreading: Miriam Mastrovito

Coordinamento e Supervisione: Alessandro Manzetti

Formato Cartaceo Edizione ‘Collection’ a tiratura limitata e copie numerate

Pagine: 400, Lingua: Italiano

Prezzo di copertina: € 23

Il libro è in vendita sullo store dell’editore, su eBay e presso alcune librerie specializzate.