Nel corso degli ultimi due anni, i residenti di alcune zone costiere dell'Iran e dell'Azerbaijan, nel sud-ovest del Mar Caspio, avrebbero segnalato la presenza di una creatura anfibia il cui aspetto viene descritto come somigliante a quello di un essere umano.

Nel marzo di quest’anno il resoconto di alcuni testimoni oculari, membri dell’equipaggio del motopeschereccio azero Baku, è stato pubblicato in Iran dal quotidiano Zindagi. La notizia è stata quindi ripresa sulle pagine russe della Pravda, che cita i contenuti dell’articolo.

“Quella creatura nuotava accanto alla nave, seguendone da parecchio tempo la rotta”, dichiara il capitano Gafar Gasanof. “All’inizio pensavamo fosse un grosso pesce, poi abbiamo notato dei capelli sulla testa del mostro, e le pinne parevano davvero strane… la parte anteriore del suo corpo era munita di braccia!”

Al rientro in Azerbaijan, nessuno prese sul serio il comandante del peschereccio. Il suo racconto suonava troppo ridicolo, specie a chi pensava che l’uomo potesse aver alzato un po’ il gomito mentre si trovava a bordo.

Subito dopo la pubblicazione dell’intervista, invece, gli uffici del giornale iraniano si sono ritrovati sommersi dalla posta dei lettori, i quali sostenevano la storia come un’ennesima dimostrazione dell’esistenza del cosiddetto "uomo del mare". Le numerose lettere precisavano che molti pescatori avevano ripetutamente visto la sconosciuta creatura, sia in mare che a riva, dopo che i vulcani sottomarini nella zona di Babolsera erano tornati in attività a febbraio, e a seguito dell’intensificarsi delle estrazioni di petrolio in mare aperto.

Ogni diretto testimone sembrava fornire una simile descrizione del presunto umanoide marino. Fra i 165 e i 168 cm. di altezza, corporatura robusta, stomaco prominente e squamato a pettine. Braccia e gambe che appaiono più tozze e pesanti di quelle d’una persona di media costituzione; le estremità pinnate, con quattro dita nelle mani palmate, munite di artigli. La pelle di un pallore lunare, con dei capelli di colore nero e verdastro. La figura avrebbe poi grandi occhi tondi, spine su una protuberanza a becco che ricorda il muso dei delfini, e una bocca piuttosto larga, sporgente nella parte superiore delle fauci, mentre il labbro inferiore degrada direttamente sul collo, in assenza del mento.

Gli iraniani chiamano questo essere Runan-shah, "il padrone del mare e dei fiumi". Alcune storie lo descrivono mentre si accompagna a enormi banchi di pesce, altre narrano che le acque in cui nuota diventano cristalline, restando così limpide per giorni. Secondo qualche pescatore, i pesci presi nella rete possono sentirlo mentre risale dal profondo del mare, e producono suoni gorgoglianti al suo approssimarsi, appena percettibili, come in risposta al simile e gutturale richiamo emesso dalla creatura.

Sempre a quanto riporta la Pravda, ancora nel maggio scorso il misterioso uomo marino era stato visto da diversi pescatori azeri, che vivono nei villaggi fra le città di Astara e Lenkoran.

Chissà, forse c’è ancora in giro una colonia di abitatori del profondo, scampati alla rovina della lovecraftiana Innsmouth per rifugiarsi in un mare più remoto e tranquillo. O meglio, lasciandoci avvincere dalla suggestione del tutto, potremmo sognare che a prosperare nel Caspio sia il povero gill-man de Il mostro della laguna nera, dal film di Jack Arnold del 1954. Lontano dalle natie dolci acque amazzoniche, ma finalmente al sicuro dai sequel cinematografici, dalle follie di Hollywood e di un mondo che ama tenere in gabbia i suoi mostri.

Ritornando alla realtà, occorre constatare come le condizioni della flora e della fauna del Mar Caspio siano andate deteriorandosi nel tempo. I pescatori dell’Astrakan lamentano un drastico calo di presenza dello storione, e la totale scomparsa di altre specie ittiche nell’area. L’industria della pesca appare in crisi, e l’equilibrio ecologico risulta turbato, sia dal crescente sfruttamento petrolifero che da fattori ambientali quali le recenti attività vulcaniche.

Forse la missione dell’uomo-pesce Runan-shah è proprio quella di prendersi cura del proprio ambiente: una leggenda del mare che torna a incarnarsi come ammonimento, per una modernità che perde sempre più contatto con l’elemento naturale.